Giugno 2025
“…E finalmente giunse l’estate e con essa le giornate lunghe, le sere tiepide, le passeggiate senza meta lungo il ru…”
Nel cuore delle Alpi e degli Appennini
Silvio quel 22 luglio del 2012 aveva stabilito che fosse la giornata in cui completare il trasloco da Ascoli Piceno a Valpelline.
Una lunga e meditata decisione: lasciava le terre marchigiane per quella bella località delle Alpi Occidentali in Valle d’Aosta dove aveva una grande casa in affitto che frequentava da un paio d’anni.
Finalmente raggiungeva stabilmente Nadine, la sua compagna valdostana. Erano fidanzati da circa due anni e si erano conosciuti nella Majella circa quattro anni prima. Lei era scesa in quelle terre di mare ma anche di montagna con i suoi amici valdostani per realizzare alcune salite e discese classiche di scialpinismo fra i monti Sibillini, la Laga, la Majella e il Gran Sasso.
Finalmente raggiungeva stabilmente Nadine, la sua compagna valdostana. Erano fidanzati da circa due anni e si erano conosciuti nella Majella circa quattro anni prima. Lei era scesa in quelle terre di mare ma anche di montagna con i suoi amici valdostani per realizzare alcune salite e discese classiche di scialpinismo fra i monti Sibillini, la Laga, la Majella e il Gran Sasso.
Nadine era di Pont Saint Martin ed era maestra di sci di fondo a Saint Barthélemy e, quando non era stagione di sci, aiutava la sorella nel negozio di alpinismo di Ollomont.
All’inizio del 2008 aveva incontrato Silvio nel rifugetto Paolo Barrasso ai piedi del monte Rapina e più in alto il Monte Pescofalcone: una classicissima scialpinistica quella del “cucchiaio” di Pescofalcone (margine meridionale della Majella). Un incontro causale tra le comitive ascolane e valdostane. Nadine e Silvio con i rispettivi amici, al caldo del camino, fecero un po’ di baldoria complice il Rosso Piceno e assaggiarono reciprocamente della mocetta e del ciauscolo, due tipici salumi delle loro terre. Si scambiarono il numero di telefono qualora capitasse di fare nuove incursioni in Abruzzo o in Valle d’Aosta.
All’inizio del 2008 aveva incontrato Silvio nel rifugetto Paolo Barrasso ai piedi del monte Rapina e più in alto il Monte Pescofalcone: una classicissima scialpinistica quella del “cucchiaio” di Pescofalcone (margine meridionale della Majella). Un incontro causale tra le comitive ascolane e valdostane. Nadine e Silvio con i rispettivi amici, al caldo del camino, fecero un po’ di baldoria complice il Rosso Piceno e assaggiarono reciprocamente della mocetta e del ciauscolo, due tipici salumi delle loro terre. Si scambiarono il numero di telefono qualora capitasse di fare nuove incursioni in Abruzzo o in Valle d’Aosta.
Ma la cosa cadde lì finché non capitò che Silvio l’estate successiva volesse realizzare la salita al Monte Bianco col suo amico Alvaro di San Benedetto del Tronto. Colse l’occasione per chiamare Nadine per salutarla ed invitarla ad unirsi alla cordata, ma lei, con grande dispiacere, non potette aderire all’ambizioso programma perché impegnata nel negozio di famiglia.
Al ritorno dalla cima e dal successo dell’ascensione si incontrarono ad Aosta e l’incontro in Piazza Chanoux fu molto caloroso.
Lei lo riconobbe subito per prima, e lui ebbe un sussulto sentendosi chiamare.
- Silvio sono qua, non mi riconosci senza berretto, vestita da cittadina?
Lui si voltò di scatto e trovò una mezza scusa per togliersi di imbarazzo.
- Scusami stavo guardando il palazzo del comune e non capisco perché voi lo chiamate Hôtel de Ville -.
Lei lo abbracciò con grande calore, lui ricambiò sorpreso da tanto slancio.
Stettero seduti ad un bar circa un’ora, e la simpatia e la sintonia fra i due era palese finché lei osò:
- Ma stai tornando ad Ascoli subito o vuoi conoscere meglio la Valle d’Aosta?
Lui, incerto sulla risposta da dare, balbettò:
- Veramente non ho deciso ancora ma qualche castello vorrei vederlo; devo però trovarmi una sistemazione per qualche giorno.
- Silvio sono qua, non mi riconosci senza berretto, vestita da cittadina?
Lui si voltò di scatto e trovò una mezza scusa per togliersi di imbarazzo.
- Scusami stavo guardando il palazzo del comune e non capisco perché voi lo chiamate Hôtel de Ville -.
Lei lo abbracciò con grande calore, lui ricambiò sorpreso da tanto slancio.
Stettero seduti ad un bar circa un’ora, e la simpatia e la sintonia fra i due era palese finché lei osò:
- Ma stai tornando ad Ascoli subito o vuoi conoscere meglio la Valle d’Aosta?
Lui, incerto sulla risposta da dare, balbettò:
- Veramente non ho deciso ancora ma qualche castello vorrei vederlo; devo però trovarmi una sistemazione per qualche giorno.
Silvio, professore di storia e filosofia al liceo di Macerata, aveva in realtà molto tempo libero in estate quando tornava ad Ascoli nella casa dagli anziani genitori; durante l’anno scolastico viveva in affitto in un appartamentino a Macerata per non fare il pendolare.
Lei, in modo semplice e scanzonato, gli propose di appoggiarsi da lei a Gignod, dicendogli in anticipo che non avrebbe potuto dedicargli molto tempo perché impegnata nel negozio. La domenica avrebbero potuto però salire insieme qualche cima lasciando a lui la scelta sull’obiettivo.
Silvio, incerto, alzò la testa al cielo e vide l’incombere di una montagna sulle loro teste.
- Voglio salire lassù – affermò con convinzione senza conoscere il nome della vetta e lei:
- Ma è l’Emilius, la montagna d’Aosta, una bellissima cima, un 3500 abbastanza impegnativo che ci costringerà la sera a fermarci al Rifugio Arbolle. Dovremo solo decidere se fare la ferrata o la via nomale! Lo decideremo al momento.
Lei, in modo semplice e scanzonato, gli propose di appoggiarsi da lei a Gignod, dicendogli in anticipo che non avrebbe potuto dedicargli molto tempo perché impegnata nel negozio. La domenica avrebbero potuto però salire insieme qualche cima lasciando a lui la scelta sull’obiettivo.
Silvio, incerto, alzò la testa al cielo e vide l’incombere di una montagna sulle loro teste.
- Voglio salire lassù – affermò con convinzione senza conoscere il nome della vetta e lei:
- Ma è l’Emilius, la montagna d’Aosta, una bellissima cima, un 3500 abbastanza impegnativo che ci costringerà la sera a fermarci al Rifugio Arbolle. Dovremo solo decidere se fare la ferrata o la via nomale! Lo decideremo al momento.
Quella sera del sabato scoccò la scintilla nel rifugio Arbolle: vicini sul divanetto sfogliarono un libro fotografico, il camino scoppiettava, un genepy complice e i due salirono all’indomani sull’Emilius tenendosi a tratti mano nella mano…., quando il sentiero lo consentiva. Era evidente che non fecero la ferrata …anche se l’ultimo tratto dal Col du Trois Capucin richiede una certa attenzione.
Era iniziata una bella storia, lei 38 anni lui 43 entrambi liberi ed appassionati di montagna. L’autunno, quell’autunno, li divise ma gli incontri erano sempre molto frequenti complice la montagna valdostana e a volte quella appenninica. Un appuntamento fisso quasi tutti i week end. Silvio era più libero con aggiustamenti di orari e giorno libero. Il primo anno fu lui a salire al nord più frequentemente di quanto lei scendesse a Macerata.
Dopo i primi mesi di viaggi lui, sentendo la fatica di questi lunghi e continui spostamenti, pensò di rivolgere a Nadine, al momento opportuno, una domanda impegnativa.
Colse l’attimo mentre l’aiutava a ripiegare qualche capo nel negozio della sorella e, facendosi forza:
- Ma se io venissi a vivere in Valle d’Aosta saresti contenta?
Lei lo guardò, nemmeno troppo stupita di una tale domanda, e, stampandogli un bacio dolce su una guancia:
Lei lo guardò, nemmeno troppo stupita di una tale domanda, e, stampandogli un bacio dolce su una guancia:
- Era tanto che aspettavo che tu me lo chiedessi….
Non c’era bisogno di altre parole. Passarono i week end successivi a trovare una casa in valle ma fu proprio lei a suggerire la Valpelline per l’ampissima scelta di montagne che questa valle offriva e in più vicino al negozio della sorella e alla sua abitazione. Silvio prese un anno di aspettativa, non poteva insegnare e chiedere trasferimento a causa dell’ostacolo della lingua francese che richiedeva un esame di abilitazione. Non fu un problema: lei gli trovò lavoro al bar ristorante delle piste di Saint Barthelemy e lui pieno di iniziativa si prestò a tutto: barista, cameriere, affitto sci, battitura piste. In ottobre partecipò alla sessione d’esame di francese e lo superò brillantemente. Finalmente poteva chiedere trasferimento e tornare a svolgere la sua attività di professore proprio ad Aosta.
Nel frattempo Silvio cominciò ad arredare la casa di Valpelline per renderla il più gradevole possibile, anche se fra i due non vi era stato ancora alcun progetto di coabitazione. Abitavano a poca distanza e questo bastava loro per vivere il loro amore serenamente. Spesso gli amici ascolani salivano da Silvio perché, con questo punto d’appoggio, avevano voglia di scoprire la valle, e Nadine preparava le escursioni perché conosceva alla perfezione i sentieri. Belle comitive di valdostani e marchigiani a fare baldoria insieme dopo una cima.
Il tempo passava veloce e felice, lui ad Aosta e lei sulle piste di Saint Barthelemy fin quando Nadine capì che qualcosa stava mutando in lei. Una strana sensazione, una curiosa assenza e la definitiva certezza di essere incinta. Sorpresa, gioia, smarrimento, ma conoscendo bene il suo uomo sapeva che non avrebbe avuto difficoltà a dirglielo anche perché lui, a volte, nei momenti più intimi aveva parlato di ciò, non si sa se come un auspicio segreto o un’occasione ormai persa e passata.
Così, dalla consapevolezza della situazione, passarono solo alcune ore e la rivelazione avvenne di fronte ad una gustosa seupa vapelenentse e ad un bicchiere di Petit Verdon. Non ci furono preamboli o giri di parole, solo lentezza, serenità e qualche pausa. A Silvio si bloccò la forchetta col cibo fra la seupa e la bocca e così rimase per alcuni secondi - è proprio il caso di dire a bocca aperta - con gli occhi rivolti al piatto, fin quando, ripresosi dalla novella, alzò lo sguardo tenero verso di lei, posò la forchetta e mise una mano sul suo braccio stringendolo forte.
Quanta energia in quella mano! Pochi segnali e molta vita stava per cominciare; un annuncio straordinario e ricco di gioia per entrambi. La notte fu dolcissima piena di pensieri e carezze per quella sorprendente e straordinaria esistenza che stava mutando tutto: dal loro primo incontro a quella sera piena di incognite e bellissime sensazioni con serena convinzione.
I mesi passarono pieni di aspettativa; Nadine aveva lasciato il piccolo appartamento di Gignod e si era trasferita a Valpelline; quella casa così grande poteva accogliere entrambi e il loro futuro ormai così vicino, come se nei presagi di Silvio una casa con tante camere, un giorno, avrebbe avuto un senso.
Non scalavano più, non facevano più rudi escursioni; lei sospese le lezioni di sci e l’attesa del dolcissimo e prossimo autunno fu segnato da passeggiate nella natura. E finalmente giunse l’estate e con essa le giornate lunghe, le sere tiepide, le passeggiate senza meta lungo il ru col fluire ipnotico dell’acqua che scivolava leggera come la loro vita e quella che Nadine portava in grembo. Dolci camminate lungo questi ruscelli portatori di fecondità ai campi coltivati e ai vari appezzamenti; un’antica usanza, antichissima, che oggi sopravvive a sei secoli di distanza. Cosa erano ormai due mesi confronto al tempo che scivolava lungo i ru? Ogni tanto Silvio si chinava e bagnandosi la mano la portava sul volto accaldato di Nadine che aveva come un piccolo brivido quando le gocce le scivolavano sul collo e lungo il corpo.
Giunse l’autunno e la gioia pervase i due montanari.
Era il 21 settembre, un equinozio, un equilibrio perfetto in bilico fra due stagioni. Le loro stagioni e quella del loro piccolissimo sogno che lanciò il primo grido alle 5 del mattino. L’ostetrica si rivolse a entrambi chiedendo come si sarebbe chiamato; loro risposero all’unisono: - Émile.
Un nome tipico della valle scritto in francese ma che loro vollero teneramente tenere segreto fino alla fine, così come non diedero mai una spiegazione a nessuno della loro scelta, riservandola solo al loro piccolo qualche anno dopo guardando dal balcone il cielo d’Aosta.
Un nome tipico della valle scritto in francese ma che loro vollero teneramente tenere segreto fino alla fine, così come non diedero mai una spiegazione a nessuno della loro scelta, riservandola solo al loro piccolo qualche anno dopo guardando dal balcone il cielo d’Aosta.
Testi di Carlo Coronati
Foto di Walter Meregalli