Marzo 2025
“«…dalla storia di ogni persona, la storia con la s minuscola, si distilla la Storia che studiamo a scuola, quella con la s maiuscola». E così dicendo, il piccolo prete chiuse il libro e con un sorriso rimandò Joseph a casa…”
19 Marzo 1923, è l’ora Terza, il campanile ha suonato i suoi nove rintocchi e, quel lunedì una figura piccola e veloce, svolta dalla strada principale in uno dei viottoli di Eresaz. Da lontano si coglie uno sventolio nero, come un mantello o un abito talare. L’uomo si muove agilmente nonostante l’età non più giovane.
«Il prossimo anno compio 50 anni. Dieci lustri, di cui la maggior parte dedicata ad aiutare gli altri» – pensa tra sé e sé – «Eppure non riesco ad essere davvero incisivo. E poi, cosa posso fare io, un povero curato di campagna, contro la pazzia che dilaga in questi tempi? »
È agitato e sovrappensiero. Compie una nuova svolta a sinistra, per imboccare la strada di casa quando va a sbattere contro un ragazzino che sembra andare di gran fretta. Cadono entrambi. Il ragazzo è subito in piedi e porge le mani all’uomo per aiutarlo ad alzarsi.
«Che ci fai qui? » – gli si rivolge brusco l’uomo, mentre afferra la mano – «non dovresti essere a scuola? »
«Vengo dalla scuola, è stata la maestra a dirmi di venire a cercare lei. Ha detto che solo lei può aiutarmi…»
Incuriosito dalla strana affermazione, mentre con le mani si spazzola le vesti impolverate, con lo sguardo cerca il breviario che gli è sfuggito nella caduta.
«Raccoglimi il libro» – dice al ragazzo, e mentre quello glielo porge, investiga curioso – «Ma di che aiuto hai bisogno? Vuoi confessarti? »
«Ma no, Abbé, volevo sapere cosa devo studiare per sistemare un po’ le cose. » – e allo sguardo perplesso del sacerdote, il ragazzo continuò: «Ho sentito mia mamma che diceva che suo fratello, lo zio Edo, è andato in guerra per la Patria ma quando è tornato a casa senza una gamba, nessuno gli parlava più. E poi c’è lo zio Henry, fratello di papà, che è andato a lavorare in fabbrica per mandare i soldi a casa e salvare la stalla, ma poi la fabbrica è stata chiusa e lui non è tornato perché si vergognava di non poter più aiutare»
«Come ti chiami? » lo interruppe il prete
«Mi chiamo Joseph» rispose pronto il ragazzo.
«Joseph, oggi è la festa del tuo santo, san Giuseppe, il marito di Maria». – iniziò a raccontare il sacerdote «Giuseppe faceva il falegname. Era anziano, ma aveva una moglie giovane e un bambino piccolo. In paese tutti si prendevano gioco di lui, dicevano che la giovane sposa aveva cercato altrove un padre per il proprio figlio. Ma lui si fidava di sua moglie e si fidava delle sue mani. Sapeva costruire dei tavoli e delle sedie, sapeva riparare le botti e i carri, il lavoro non sarebbe mancato e il pane sulla tavola lo stesso. »
«Mi chiamo Joseph» rispose pronto il ragazzo.
«Joseph, oggi è la festa del tuo santo, san Giuseppe, il marito di Maria». – iniziò a raccontare il sacerdote «Giuseppe faceva il falegname. Era anziano, ma aveva una moglie giovane e un bambino piccolo. In paese tutti si prendevano gioco di lui, dicevano che la giovane sposa aveva cercato altrove un padre per il proprio figlio. Ma lui si fidava di sua moglie e si fidava delle sue mani. Sapeva costruire dei tavoli e delle sedie, sapeva riparare le botti e i carri, il lavoro non sarebbe mancato e il pane sulla tavola lo stesso. »
Il ragazzo ascoltava rapito: «Anche mio padre fa il falegname»
«Un giorno vennero dei soldati mandati dal giudice. Volevano che costruisse delle croci in legno da usare per giustiziare dei prigionieri. Anche se a Giuseppe in quei giorni un lavoro avrebbe fatto comodo, decise di raccontare ai soldati che stava per partire per andare a cercare legname. Così loro si rivolsero ad altri e Giuseppe continuò a riparare tavoli e carretti. »
«Ma se ho capito bene, questo Giuseppe era il papà di Gesù che fu messo in croce dai Romani!» sbottò trionfante il piccolo Joseph
«Esatto. Lui rifiutò di costruir le croci per i soldati ma questo non evitò a suo figlio di venir crocefisso. Ma…» - e qui il sacerdote fece una pausa ad effetto - « come pensi si sarebbe sentito se la croce con il sangue di Gesù fosse stata costruita da lui? »
«Quello che cerco di dirti è che ognuno di noi ha un ruolo e che ogni nostra decisione magari non segna il destino di tutti, ma è importante per il tuo destino. Quindi devi imparare a scegliere di fare le cose che ritieni giuste per poter affrontare serenamente la vita. E poi, dalla storia di ogni persona, la storia con la s minuscola, si distilla la Storia che studiamo a scuola, quella con la s maiuscola». E così dicendo, il piccolo prete chiuse il libro e con un sorriso rimandò Joseph a casa…
«Quello che cerco di dirti è che ognuno di noi ha un ruolo e che ogni nostra decisione magari non segna il destino di tutti, ma è importante per il tuo destino. Quindi devi imparare a scegliere di fare le cose che ritieni giuste per poter affrontare serenamente la vita. E poi, dalla storia di ogni persona, la storia con la s minuscola, si distilla la Storia che studiamo a scuola, quella con la s maiuscola». E così dicendo, il piccolo prete chiuse il libro e con un sorriso rimandò Joseph a casa…
Passarono i giorni.
L’Abbé Joseph-Marie tornava con il pensiero alla chiacchierata con il ragazzo e più ci pensava più si convinceva che anche lui avrebbe dovuto fare come il falegname di Betlemme e rifiutarsi di fare le cose sbagliate che quegli uomini con le camicie nere pretendevano da lui. Chiudere le scuole dei piccoli villaggi montani. Privare i ragazzi come Joseph della luce della sapienza.
Quella sera, decise che avrebbe provato ad opporsi. Prese un foglio bianco e si mise a scrivere un articolo per il giornale della diocesi.
«È un piccolo seme» - si disse mentre rileggeva quanto scritto - «ma almeno in coscienza avrò almeno provato a seminarlo.»
Testo: Franz Rossi
Foto: Walter Meregalli
Quella sera, decise che avrebbe provato ad opporsi. Prese un foglio bianco e si mise a scrivere un articolo per il giornale della diocesi.
«È un piccolo seme» - si disse mentre rileggeva quanto scritto - «ma almeno in coscienza avrò almeno provato a seminarlo.»
Testo: Franz Rossi
Foto: Walter Meregalli