Febbraio 2025
“…nel buio della notte, a riempire l’aria, solo il soffiare del vento tra i rami dei larici e, lontano, il solitario canto di un gufo…”
Verso la cima
Caterina era una grande amante del relax e delle lunghe dormite, e il suo compagno Marco lo sapeva bene. Tuttavia, conosceva anche la sua passione per le camminate in montagna e il desiderio che custodiva da tempo, ma che non era ancora riuscita a realizzare.
Vedere l’alba della Testa di Comagna, la montagna sopra casa, uno dei primi luoghi del cuore della sua nuova vita da montanara dopo aver lasciato la vita in città.
Complice la difficoltà di alzarsi presto la mattina, la pigrizia la faceva spesso da padrona, e un pizzico di timore di camminare nel bosco di al buio, Caterina non aveva ancora preso il coraggio a due mani fino a quella notte d’estate …
“Dai domani è il giorno giusto, le disse Marco: danno tempo bello ed è perfetto per andare a vedere l’alba”.
Alle 4 del mattino, il bosco era ancora avvolto dall'oscurità, e gli occhi, pesanti di sonno, faticavano ad adattarsi al buio intenso. Ci sarebbe voluto un bel caffè per svegliarsi!
Sebbene fosse estate, l’aria era fresca, bisognava coprirsi bene.
Le stelle illuminavano i primi passi che i due escursionisti fecero sul grande prato del Col Tzecore, prima di addentrarsi nel buio del bosco.
Caterina era emozionata, da lì iniziava la salita nel magico mondo del bosco notturno.
Le sue mani stringevano i bastoncini per dare equilibrio ai suoi primi passi incerti. Non era abituata a camminare al buio e, secondo lei, la luce frontale illuminava a fatica il sentiero coperto da aghi di pino, foglie e radici degli alberi.
E poi i rumori, Caterina ne sentiva ogni dove e invece nel buio della notte, a riempire l'aria, solo il soffiare del vento tra i rami dei larici e, lontano, il solitario canto di un gufo …
Caterina procedeva cauta. Ad ogni passo sentiva uno scricchiolio e la sua torcia frontale zigzagava a destra e a sinistra per cercare di scoprire cosa avesse causato quel rumore.
L’oscurità che l’avvolgeva, un po’ le faceva paura. Si sentiva osservata da occhi di animali nascosti dietro ad ogni albero, come se fossero tutti lì ad aspettarla.
“Ho visto due occhi che mi fissavano lì, vicino all'albero. Li hai visti anche tu, Marco?
"Due occhi? Dove? Non ho visto niente..."
"Erano gialli! Mi guardavano fissi e poi sono corsi via nel buio!"
Marco, che era abituato a camminare di notte sui sentieri di montagna, la rassicurò. “Qualunque animale fosse, era più spaventato di te! Siamo noi gli intrusi…”
Era una strana sensazione quella che stava vivendo, un mix tra paura e stupore. Da una parte la voglia di tornare a casa al caldo e dall’altra il desiderio di arrivare in cima al momento giusto per assistere allo spettacolo dell’alba.
Il tempo era bello e si preannunciava uno spettacolo di colori, nuova luce e il miracolo di una nuova giornata.
Dopo un’ora di cammino, il bosco iniziò a diradarsi. Caterina e Marco spensero le luci frontali.
Il cielo iniziava a schiarirsi e di lì a poco sarebbe sorto il sole.
Arrivati alla croce di vetta, depositarono i loro zaini e si prepararono alla magia dell’alba. L’orizzonte si apriva a 360 gradi sulle montagne della valle centrale e della Val d’Ayas.
L'alba illuminava le montagne di rosa, là in fondo il Monte Bianco in tutta la sua maestosità si era acceso.
Caterina e Marco si sedettero su una roccia, lasciandosi avvolgere dal silenzio e dalla magia di quello spettacolo. E finalmente Caterina smise di sentirsi osservata dagli animali del bosco.
Testo: Cristina Guarnaschelli
Foto: Walter Meregalli
Caterina era una grande amante del relax e delle lunghe dormite, e il suo compagno Marco lo sapeva bene. Tuttavia, conosceva anche la sua passione per le camminate in montagna e il desiderio che custodiva da tempo, ma che non era ancora riuscita a realizzare.
Vedere l’alba della Testa di Comagna, la montagna sopra casa, uno dei primi luoghi del cuore della sua nuova vita da montanara dopo aver lasciato la vita in città.
Complice la difficoltà di alzarsi presto la mattina, la pigrizia la faceva spesso da padrona, e un pizzico di timore di camminare nel bosco di al buio, Caterina non aveva ancora preso il coraggio a due mani fino a quella notte d’estate …
“Dai domani è il giorno giusto, le disse Marco: danno tempo bello ed è perfetto per andare a vedere l’alba”.
Alle 4 del mattino, il bosco era ancora avvolto dall'oscurità, e gli occhi, pesanti di sonno, faticavano ad adattarsi al buio intenso. Ci sarebbe voluto un bel caffè per svegliarsi!
Sebbene fosse estate, l’aria era fresca, bisognava coprirsi bene.
Le stelle illuminavano i primi passi che i due escursionisti fecero sul grande prato del Col Tzecore, prima di addentrarsi nel buio del bosco.
Caterina era emozionata, da lì iniziava la salita nel magico mondo del bosco notturno.
Le sue mani stringevano i bastoncini per dare equilibrio ai suoi primi passi incerti. Non era abituata a camminare al buio e, secondo lei, la luce frontale illuminava a fatica il sentiero coperto da aghi di pino, foglie e radici degli alberi.
E poi i rumori, Caterina ne sentiva ogni dove e invece nel buio della notte, a riempire l'aria, solo il soffiare del vento tra i rami dei larici e, lontano, il solitario canto di un gufo …
Caterina procedeva cauta. Ad ogni passo sentiva uno scricchiolio e la sua torcia frontale zigzagava a destra e a sinistra per cercare di scoprire cosa avesse causato quel rumore.
L’oscurità che l’avvolgeva, un po’ le faceva paura. Si sentiva osservata da occhi di animali nascosti dietro ad ogni albero, come se fossero tutti lì ad aspettarla.
“Ho visto due occhi che mi fissavano lì, vicino all'albero. Li hai visti anche tu, Marco?
"Due occhi? Dove? Non ho visto niente..."
"Erano gialli! Mi guardavano fissi e poi sono corsi via nel buio!"
Marco, che era abituato a camminare di notte sui sentieri di montagna, la rassicurò. “Qualunque animale fosse, era più spaventato di te! Siamo noi gli intrusi…”
Era una strana sensazione quella che stava vivendo, un mix tra paura e stupore. Da una parte la voglia di tornare a casa al caldo e dall’altra il desiderio di arrivare in cima al momento giusto per assistere allo spettacolo dell’alba.
Il tempo era bello e si preannunciava uno spettacolo di colori, nuova luce e il miracolo di una nuova giornata.
Dopo un’ora di cammino, il bosco iniziò a diradarsi. Caterina e Marco spensero le luci frontali.
Il cielo iniziava a schiarirsi e di lì a poco sarebbe sorto il sole.
Arrivati alla croce di vetta, depositarono i loro zaini e si prepararono alla magia dell’alba. L’orizzonte si apriva a 360 gradi sulle montagne della valle centrale e della Val d’Ayas.
L'alba illuminava le montagne di rosa, là in fondo il Monte Bianco in tutta la sua maestosità si era acceso.
Caterina e Marco si sedettero su una roccia, lasciandosi avvolgere dal silenzio e dalla magia di quello spettacolo. E finalmente Caterina smise di sentirsi osservata dagli animali del bosco.
Testo: Cristina Guarnaschelli
Foto: Walter Meregalli