Agosto 2025

“…un piccolo bosso stava, solitario, in mezzo al pascolo. E segnava con la sua ombra il passare delle ore…”
Ranuncolo e il vecchio tasso

L’inverno dell’anno in cui nacque Ranuncolo era stato duro. Tanta neve e poco cibo per Mamma Genziana, che però, fin da piccola, si era messa in luce per un udito finissimo e una grande agilità. E queste sue doti le permisero di trovare qualche topolino che scavava le sue gallerie nella neve ed integrare con un po’ di carne fresca una dieta misera a base di lombrichi e bacche mezze secche.
Però, con lo sciogliersi delle nevi e l’arrivo della primavera, Genziana riuscì a recuperare un po’ di peso e, giunto il momento, a trovare un compagno con cui riprodursi. A metà aprile, un po’ più tardi del solito, nacquero Ranuncolo, unico maschio della cucciolata, e le sue tre sorelle: Primula, Bocca di Leone e Camomilla (che era davvero la più pigra).
I cuccioli vivevano felici, accuditi da mamma e papà, che si alternavano alla caccia e al controllo delle quattro piccole pesti. Le loro giornate erano un susseguirsi di giochi, capriole, piccole zuffe dove Ranuncolo aveva la meglio sulle sorelle tanto che, per non sentirle lamentarsi, a volte le lasciava vincere. I giochi si interrompevano solo quando Mamma Genziana o Papà Ginepro, arrivavano a casa con del cibo. E allora, non si guardava in faccia nessuno: spintoni e spallate per accaparrarsi i bocconi migliori.

Dividevano la tana con Eraldo, un vecchio tasso scorbutico che aveva compiuto già 18 anni ed era, di gran lunga, il più vecchio tasso del bosco. Aveva accettato la presenza della famiglia di volpi solo perché Papà Ginepro gli lasciava spesso qualche leccornia: un uovo di pernice rubato da un nido, o qualche biscia d’acqua catturata apposta per lui. In cambio, Eraldo raccontava ai volpacchiotti delle tremende storie di paura.
“Una volta ho dovuto lottare con un cane così feroce che sono tornato a casa con la pelliccia rossa di sangue e nera di fango…”
“Ma lo sapete che di notte i gufi entrano nelle tane e si portano via le volpi capricciose?”
“Io non temo alcun animale… ma l’uomo mi terrorizza. Arriva con un bastone che sputa fuoco e produce un tuono e gli animali restano a terra; feriti o uccisi!”
Insomma, Ranuncolo un po’ prendeva in giro il vecchio brontolone, un po’ lo temeva.

Una sera lo spiò uscire per andare a caccia e decise di seguirlo. Il vecchio Eraldo era mezzo cieco e quasi del tutto sordo, ma aveva un buon olfatto e aiutandosi con il naso, riusciva quasi sempre a recuperare qualcosa da mettere sotto ai denti, anche se molto spesso si trattava di animali feriti o morti. Però quella sera non trovava nulla e aveva dovuto allontanarsi moltissimo. Ranuncolo, con gli occhi pesanti per il sonno, lo aveva seguito fino alla strada asfaltata, quella che la mamma si era tanto raccomandata di evitare, e lì Eraldo aveva trovato un rospo spiaccicato…

“Una vera bontà – commentava il vecchio animale tra sé e sé – era tanto che non mangiavo qualcosa di così buono”
Era così intento a gustarsi il pasto che non si accorse della luce dei fari di un’auto che sopraggiungeva ad alta velocità, salendo i tornanti.
Il piccolo Ranuncolo gridò per avvisarlo, ma Eraldo non lo sentiva. Il coraggioso volpacchiotto decise allora di giocarsi il tutto per tutto, ruzzolò lungo il ciglio scosceso della strada e capitombolò addosso al vecchio tasso spingendolo via proprio mentre l’automobile irrompeva rumorosa su di loro.
Che paura per Ranuncolo!
Eraldo, invece, lo rampognò furioso: “Ma come ti permetti! Non c’è più rispetto per noi anziani. Voi scavezzacollo senza regole siete proprio irrecuperabili. E poi cosa ci fai in giro a quest’ora? Tua madre sarà preoccupatissima e tuo padre furioso!”

Ranuncolo, piangendo, corse a casa alla luce della luna piena.

Ma una cornacchia che sul ramo del castagno aspettava pazientemente che il tasso si allontanasse per mangiare quel che restava del rospo, lo apostrofò gracchiante: “Cra cra, Eraldo ma ti sei rimbambito? Cra-cra, quel cucciolo di volpe ti ha salvato la vita!” e spiegò per filo e per segno com’era andata al buon Eraldo che ascoltava incredulo.

Il giorno dopo splendeva il sole. Il prato davanti alla loro tana era tutto punteggiato di quei fiori gialli a cui Mamma Genziana si era ispirata per dare il nome al suo cucciolo. Un piccolo bosso stava, solitario, in mezzo al pascolo. E segnava con la sua ombra il passare delle ore. Tutto era silenzio, interrotto solo dallo stridio dei grilli o dal fischio acuto del falco. Le sue sorelle giocavano a rincorrersi, ma Ranuncolo pensava tristemente all’avventura notturna.
Una voce alle sue spalle lo fece sussultare: “Hai solo sonno o sei malinconico?” Era Papà Ginepro che lo osservava nascosto nell’ombra del bosso. “Tasso Eraldo mi ha raccontato tutto. – continuò con la sua voce calma – Mi ha detto che gli hai salvato la vita e che lui non lo aveva capito. Mi ha anche dato un regalo per te” e così dicendo porse al volpacchiotto una lunga penna color smeraldo. “È un portafortuna potente. È la penna caudale di un gallo cedrone. Se ne vedono sempre di meno, ma Eraldo conosce il posto dove gli urogalli danzano per le loro compagne.”

Così Ranuncolo passò l’estate pavoneggiandosi tanto che le sue sorelle lo chiamavano in segreto Narciso, il fiore più vanitoso che si specchia nell’acqua. Eraldo si fece accompagnare più spesso dalla giovane volpe nelle sue cacce notturne e gli insegnò tutti i trucchi che conosceva. E quando, l’anno dopo, anche Ranuncolo ebbe i suoi primi cuccioli, la storia che più amava raccontar loro era quella della macchina con gli occhi di fuoco e della cornacchia che ristabilì la verità.


Testo di Franz Rossi
Foto di Walter Meregalli

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